Il castello di Bossi si trova nel comune di Castelnuovo Berardenga, sulla strada che dalla Chiantigiana vecchia, in località Pianella, si stacca per salire a Brolio, in mezzo a boschi sempreverdi e lunghi filari di viti. La particolarità del luogo, ricco di alberi secolari, di giacimenti di fossili e di varie forme di vegetazione spontanea ha interessato, fin dai tempi più remoti, molti studiosi che ne hanno analizzato le varie peculiarità. Il nome Bossi sembra derivi dal tesoro militare degli eserciti romani, che veniva portato negli accampamenti per pagare le milizie. Veniva così chiamato perchè costruito, con ogni probabilità, con tavole di bosso, legno pregiato e rarissimo. Da alcune iscrizioni trovate in un vecchio muro della canonica di San Marcellino, risalenti tra il I e il II secolo dopo Cristo, risulta come questa zona sia stata sede di un insediamento romano.
Le prime testimonianze certe di famiglie abitanti la zona di Bossi risalgono al IX secolo, quando vi si insediò un gruppo nobiliare detto dei Berardenghi. Winigi e la moglie Richilda, dopo aver regnato a lungo nei territori di loro proprietà, decisero di ritirarsi a vita privata, donando ad istituti religiosi feudi e proprietà, senza però rinunciare ai terreni che circondano oggi il castello. Come località ben determinata Bossi è citato in un atto di donazione del 1099, fatto da Azzo di rustico al monastero di Fontebona. La chiesa di Bossi, dedicata a S.Andrea, fu costruita in epoca successiva, presumibilmente intorno al 1200, per la necessità di una maggiore cura delle anime del villaggio che andava ingrandendosi.
Da documenti dell'epoca si può rilevare come già allora fosse coltivata la vite, poichè parte del pagamento dei canoni e degli affitti avveniva in natura, e fra i prodotti veniva citato anche il vino. Nella guerra che contrapponeva i Senesi ai Fiorentini, Bossi rappresentava una zona di frontiera e fu solo dopo la battaglia di Montaperti che le attività economiche ripresero in maniera regolare, grazie ad un'opera di ricostruzione indirizzata soprattutto a rendere più agevoli gli scambi commerciali, tracciando nuove vie di comunicazione o rendendo più sicure quelle esistenti. Si avviò anche il rifacimento dei castelli esistenti, ma la torre di Bossi non fu toccata. Con la costruzione di Castelnuovo Berardenga, nel 1346, Bossi passò sotto la giurisdizione del nuovo Comune, che fu chiamata a difendere già nel 1383, dall'attacco di eserciti mercenari al soldo della città di Firenze.
Nello stesso periodo, il territorio fu acquisito dalla famiglia dei Placidi, originaria di Radi ma di stanza a Siena. La costruzione del palazzo di Bossi si può collocare tra la fine del XIV e l'inizio del XV secolo, con l'abbattimento della torre esistente. Gia alla fine del 1400 però, il Castello ricevette danni a causa dei fiorentini, che distrussero varie località della Berardenga, per non essere riusciti a conquistare il capoluogo.
Dopo l'avvento dei Medici, in Toscana si assistette alla cessazione di lotte tra città e città, lasciando così la possibilità alle popolazioni di riprendere appieno le varie attività lavorative. In questo frangente, la produzione del vino prese un nuovo impulso. La proprietà del castello si accrebbe di due nuovi proprietari, gli Ugurgeri e l'Ospedale di S.Maria della Scala, di Siena, entrambi legati alla famiglia Placidi.Sotto il regno di Leopoldo II, granduca di Toscana, tutta la regione ebbe un periodo di prosperità, caratterizzato da scelte politiche che la trasformarono in uno stato all'avanguardia, in piena ripresa economica, culturale e civile.
Con Giovanni Battista Vivarelli, erede di isabella, l'ultima degli Ugurgeri, si ha la cessione della proprietà del Castello all'avvocato senese Giuseppe Giuggioli. La famiglia ne rimase proprietaria sino alla seconda guerra mondiale, quando fu acquisito dalla famiglia Piccolomini di Siena. L'abbandono della mezzadria, il conseguente spopolamento delle campagne portò ad una crisi del settore agricolo. Anche Bossi subì un lento decadimento fino all'avvento degli attuali proprietari, la famiglia Bacci che, con spirito imprenditoriale, introdusse nuovi metodi di produzione e più efficaci metodi gestionali, che hanno permesso la rinascita del Castello.